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Nicola Di Turi

Sciopero

14 Luglio 2009, 10:49am

Pubblicato da Nicola Di Turi

Oggi 14 luglio, questo blog aderisce all’appello di Diritto alla Rete contro il Ddl Alfano che imbavaglia la rete Internet italiana.

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Il Piave mormorava

9 Luglio 2009, 20:12pm

Pubblicato da Nicola Di Turi



Ve lo ricordate quando qualcuno propose posti a sedere separati nella metropolitana di Milano per immigrati e residenti? Se guardando il video di cui sopra, vi balzerà all’occhio anche la scena della metro-apartheid, ricordatevi di ringraziare quel qualcuno.
Quel qualcuno è sempre lui: il nobilpadano Matteo -al rogo i terùn- Salvini.
A suon di indovinelli del genere bisognerebbe educare i bambini nelle scuole al razzismo di rigetto: bambini, tipi come Salvini vanno emarginati. Allontanati. Stop.Via.
Vanno lasciati soli a bere un boccale di birra, esecrando canti da stalla (razza equina, sorry) in convenscion ufficiali di partito.
Fate conto che abbiano un cartello sulla fronte con su scritto: “nuoce gravemente all’ Italia”.
Fatto sta che dopo essere uscito dall’ovile, il buon Salvini scopre che il mondo sta parlando di lui.
E cosa fa? Chiede scusa? Macchè, in Padania non si usa.
Matteo-cuor di leone si affretta a specificare che le sue dimissioni da deputato italiano sono dovute solo all’incompatibilità tra ruoli sorta di recente, dopo la sua elezione ad euro-deputato.
Dopo Borghezio, ecco Salvini. La degna continuazione della specie.
A questo punto si attendono sviluppi e progressi dall’acquario di casa Bossi. Si accendano i rifettori, grazie.
Le speranze di una nuova generazione di vigorosi padani ventenni, sono tutte riposte nel figlio del Senatùr Renzo Bossi, che però al momento non è degno del ruolo di “delfino” del padre.
No, per il capo della Lega è al massimo una “trota”, per adesso.
Perciò dopo l’incoronazione paterna, il giovin virgulto Renzo è corso a studiare, per cercare di alzare di grado la sua qualifica.
Ma quei cattivoni dei docenti meridionali, così impreparati ad accogliere cotanto splendore d’ingegno e virtù made in Padania, l’hanno respinto già tre volte all’esame di maturità.
Poco male, perché l’ancor giovane trota conosce bene l’immenso mare delle consulenze e dei collaboratori tanto cari alla politica politicante dell’odiata, ma remunerativa Roma Ladrona.
E ha deciso di gettarvisi a pesce: è stato promosso portaborse dell’ottimo Salvini. Toh chi si rivede!
Insomma, meno male che in politica non ci sono inutili e noiosi esami di maturità.
Né docenti e selezionatori meridionali.
Così, Renzo e Matteo nuotano tranquilli e beati immersi nel dolce ed accogliente mare d’Europa.
Ricevono un lauto compenso per il loro irrinunciabile apporto di competenza e professionalità, appositamente assicuratogli dalle tasse di meridionali ed immigrati.
“ Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare. ”

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Dedicato a tutti quelli che

1 Luglio 2009, 14:26pm

Pubblicato da Nicola Di Turi



Per chi lo ha fatto pensando di trovarsi in un vicolo cieco, senza scelta. Per chi non lo ha mai fatto (come me). Per chi continuerà a non farlo (idem). Per chi lo ha fatto, ma se n'è pentito. Per chi vuole tornare a vivere sereno, senza rimorsi e rimpianti. Per chi si è sentito dire che da soli si può vincere. Per chi vuole disintossicarsi e fa ancora a tempo. Per chi soffre di orticaria al solo sentire: Binetti, Rutelli, vocazione maggioritaria, principale esponente dello schieramento avverso, Fassino che elogia respingimenti di barconi in alto mare, TeoDem, YouDem, D'Alema, RedTv, Fioroni, sinistra radicale , Di Pietro è un populista, tavolo delle riforme, riforma(torio) della Giustizia, giudici politicizzati, clima politico disteso, demonizzazione dell'avversario, anti-berlusconismo, Violante, Grillo è l'antipolitica, conflitto d'interesse, inciucio, "Se pò fa" (povero Obama), Polito, il Riformista, scissione della componente cattolica , centro-sinistra col trattino o senza?, programma elettorale di 285 pagine, senza un'alleanza con l'UDC di Totò vasavasa Cuffaro non si vince, voto utile.
Dedicato a tutti quelli che......hanno votato Partito Democratico.

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Lavoro senza patria

24 Giugno 2009, 20:24pm

Pubblicato da Nicola Di Turi


Secondo l’Istat i bisogni dell’italiano medio rispondono a due necessità (tenere per una squadra di calcio non è compreso nel conteggio, anche se spinge a spendere cifre considerevoli): avere un posto di lavoro, possibilmente a tempo indeterminato e possedere una casa di proprietà, che nella stragrande maggioranza dei casi significa venti/trenta anni di mutuo.


Inoltre l’italiano medio nell’ ottanta % dei casi dichiara di guadagnare meno di ventimila € all’anno.
Ma quando arriva l’odiato extra-comunitario (o il vituperato rumeno, per giunta regolare cittadino U.E.) le cose si complicano e non poco. Questo perché lo straniero si accontenta anche solo della metà dei soldi che pretende l’italiano autoctono (peraltro giustamente dato il diverso costo della vita). La difficile congiuntura economica poi, aggrava ulteriormente le difficoltà del datore di lavoro che si trova a dover scegliere tra un’ unità lavorativa che gli costa ventimila euro/anno e un’ altra che costa circa la metà. 

Evidentemente è portato da questa serie di eventi, che peraltro sembra subire, a licenziare italiani ed assumere stranieri oppure a chiudere stabilimenti in Italia, per delocalizzare i centri di produzione direttamente lì dove i costi sono di molto contenuti, all’estero.


Sorge spontanea dunque la domanda sulla necessità o meno di accogliere nuove “leve” dall’estero, se il mercato del lavoro italiano oggi sembra già saturo. Ci si interroga anche su chi debba avere la priorità nella scelta di un lavoratore sul territorio nazionale, cioè se assegnare il lavoro ad un cittadino nostrano oppure straniero.


Come era facilmente pronosticabile su queste domande ci campa una forza politica, che sull’intolleranza del “diverso”, di chi “viene a dettar legge in casa nostra”, “di chi viene a rubare il lavoro ai nostri figli” e sulla presunta necessità di chiudere frontiere e respingere barconi, costruisce un consenso popolare non inferiore al 10 %.


Dare al popolo ciò che il popolo chiede, solleticare paure e mostrare muscoli dentro un salotto televisivo contro chi non ha voce per difendersi, garantisce un congruo numero di seggi in Parlamento accompagnati da stipendi mensilmente erogati da Roma ladrona e assicurati dai contributi dei quattro milioni di lavoratori immigrati regolari, seppur malsopportati.


E pazienza se siamo solo uno staterello dei ventisette di un’ unica grande comunità, con regole comuni a tutti: l’Unione Europea. Pazienza anche se il libero circolo dei lavoratori all’interno dell’Unione è garantito da leggi ben precise e non si può fermare. Pazienza se si invoca incautamente la chiusura di frontiere nazionali che neanche più esistono, quando ci si trova dentro una comunità ben più grande. Pazienza se affidiamo i nostri anziani alla badante rumena e polacca, la paghiamo in nero e poi usiamo due pesi e due misure quando un italiano e uno straniero compiono uno stupro, o uno scippo. Ci vuole pazienza perché il tempo è galantuomo e l’inconsistenza delle proposte di qualche senatore un po’ alticcio sebbene lautamente remunerato, viene alla luce.


Perché la sostanza resta la stessa fin quando due lavoratori di diversa nazionalità, ma appartenenti entrambi regolarmente all’ U.E., non avranno gli stessi diritti e non gli verrà riconosciuto lo stesso stipendio.


Insomma la soluzione è unire le forze dei lavoratori sotto le uniche insegne del diritto al lavoro.


Stessi diritti, stessi salari, dentro l’Unione Europea. Stipendi legati alle mansioni da ricoprire, alle qualifiche messe in campo e non alla voce “Cittadinanza” impressa sul documento d’identità. Perché farsi la guerra tra poveri agevola solo chi ha tutto l’interesse a trattare con più parti indebolite numericamente e facilmente assoggettabili. Ma soprattutto, non aiuta ad allontanare un confitto sociale evidente, che sicuramente non si risolve chiudendo le frontiere, usando gli stranieri come oggetto di scherno e strumento politico, oppure bollando come buoniste posizioni in linea col diritto europeo, ancorchè impopolari.


Se infatti un italiano ha difficoltà a vivere nel suo Paese con lo stipendio medio attuale, si immagini un rumeno che vive in Italia cosa potrà mai combinare con la metà circa. Probabilmente entrambi “non potranno permettersi di acquistare neanche ciò che producono con le loro mani, giorno dopo giorno”, come diceva Henry Ford.



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Il Re è nudo

21 Giugno 2009, 18:55pm

Pubblicato da Nicola Di Turi

-------- PUBBLICATO SU www.agoravox.it --------



Il regime arcoriano sembra volgere al termine. Ci sono i presupposti per non assistere alla conclusione di un nuovo Ventennio, forse dovremo accontentarci solo di questi tre lustri. Potrebbe cadere, travolto dalle stesse insegne che andava pubblicizzando lungo tutta l’Italia.
Il fregio di tante battaglie è diventato sfregio. Le medaglie e la gloria mutate in pubbliche umiliazioni e insopportabile disonore. L’orgoglio e il vanto,repentinamente trasformatisi in vergogna e terrore di essere smascherati.
Seppur in regime di par-condicio il black-out di tutti i TG nazionali (ad esclusione del TG3) sulla vicenda, la dice lunga sulla gravità della stessa.
Un Premier forse già ricattato (se così, onore alle mutande per non aver ceduto), ma tuttora ricattabile dalle sue conoscenze che definire border-line sembra un eufemismo.


Un Premier vittima delle sue sbandierate pulsioni, in mano a cosiddette ragazze-immagine pronte a sfogare a mezzo stampa il loro rammarico per la mancata remunerazione delle prestazioni offerte.
Per giunta, anche i corifei del Padrone d’Italia sembrano battere la ritirata. Uno dopo l’altro rimangono basiti a fronte di una dovizia di particolari da far invidia al Clinton dei bei tempi andati.
I pompieri autorizzati del Capo, soliti cercare presunti scheletri nell’armadio di chi osa alzare la testa, sembrano quasi provati dalle continue sollecitazioni a cui li sottopone la movimentata vita del Padrone, intenti come sono a coprire d’infamia ogni nemico o presunto tale, all’occorrenza.
Restano a difendere la Corte solo il valoroso Feltri (è di questi giorni un editoriale da far impallidire perfino Bonaiuti), che si affretta a liquidare come impotente, l’uomo che ha glorificato da stipendiato (al Giornale) e non (Libero) come il più grande tombeur de femmes del Terzo Millennio.
Ad accompagnarlo, l’elegante Carlo Rossella per cui non si trovano altri aggettivi utili a definirlo.
Il buon uomo liquida le cene a Villa Certosa e a Palazzo Grazioli come giocondi incontri tra amiconi un po’ attempati, con termine tassativo fissato alla mezzanotte.
Non correrò il rischio di dimenticare il soldato-Fede, che dallo scranno dell’autorevole TG4 intima alla stampa di mezzo mondo di seguire la sua condivisibile decisione di non parlare più della faccenda.
Insomma ciò che succede dentro la residenza del Presidente del Consiglio (il riferimento è a Palazzo Grazioli in Roma, per chi facesse confusione con la privata Villa Certosa in Sardegna), pagata con i soldi dei cittadini e recante una enorme bandiera italiana fuori dal balcone, non deve interessare.
Come non dovrebbe interessare la goffaggine di un avvocato che definisce il suo cliente impunibile perché “utilizzatore finale” e non intermediario di ragazze a pagamento.
E non dovrebbe interessare neanche che l’avvocato di cui sopra riveste la doppia funzione di deputato-legale del Presidente del Consiglio, per colui il quale scrive le leggi in Parlamento e se ne difende in Tribunale casomai gli si dovessero ritorcere contro.
Queste cose in un Paese civile non dovrebbero interessare, perché non dovrebbero esistere.
Forse è giunta l’ora di liberarsi dal torpore instaurato prima di tutto attraverso un’egemonia culturale e poi attraverso lo svuotamento dall’interno delle leggi che regolano le istituzioni.
Il popolo è sovrano, il suo voto lo è di più. Ma tutti devono essere messi a conoscenza dell’operato del loro Premier, farsene un’opinione ed esprimere una preferenza.
Tutti devono essere nelle stesse condizioni e l’informazione è criminale se omette, cestina e devia l’attenzione, di ciò che privato non è se si parla dell’uomo che si è liberamente assunto l’onere di rappresentare pubblicamente la collettività.
Non esiste l’equidistanza da fatti privati e opinioni politiche, deve esistere l’equi-ferocia verso l’acquisizione della realtà, verso destra e sinistra, nord e sud.
Solo così si mettono al bando le negatività, che sviscerate di volta in volta, costringono il potere al rispetto delle istituzioni che governa e che hanno la precedenza su chi ci mette piede pro-tempore.
L’orologio sembra segnare l’ora X, il tempo è scaduto, sembrano esserci tutti i presupposti per il cambio della guardia anche a destra dove, se ci fosse per davvero un partito liberale e non uno dedito al libertinaggio, ne gioverebbe l’intero sistema.
Se vogliamo anche a sinistra dove, superata l’anomalia italiana del Sovrano ormai destituito, si potrebbe reinventare un partito che a molti è sembrato finora la copia mal riuscita, il cugino sfortunello di un’unica, grande famiglia senza distinzioni di sorta.

P.S: trasferiamoci tutti in Iran. Ripeto. Trasferiamoci tutti in Iran.

-------- PUBBLICATO SU www.agoravox.it --------

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Quello che la Chiesa non dice

12 Giugno 2009, 13:49pm

Pubblicato da Nicola Di Turi

C’era una volta uno Stato grande, unificato, laico e con delle leggi valide per ogni suo cittadino. Al suo interno ne conteneva uno infinitamente più piccolo, confessionale ed estraneo alle leggi di cui sopra, potendo disporre delle proprie autenticamente custodite. C’era una banca controllata da questo Stato più piccolo, che per suo conto si occupava di opere caritatevoli: il suo nome era I.O.R. , Istituto per le Opere Religiose. Lo Stato che la controllava e la controlla era ed è piccolo, ma con moltissimi fedeli al di fuori dello stesso: il Vaticano.
Lo Stato grande e laico era ed è l’Italia.

Accade che un funzionario altolocato conservi fino alla soglia del letto di morte un archivio storico delle principali operazioni finanziarie di uno Stato povero per Vocazione, ma necessariamente opulento per svolgere la sua caritatevole funzione. A garanzia di un candore semi-divino, ma soprattutto per trasparenza verso i propri fedeli sostenitori, gli atti di questo Stato e di questa banca restano segreti fino alla morte del’alto funzionario, che bontà sua ha voluto renderli pubblici donandoli postumi al giornalista Gianluigi Nuzzi.
Monsignor Dardozzi è il funzionario altolocato che funge da archivista, oltre a svolgere compiti di consigliere diretto del Segretario di Stato vaticano Angelo Sodano stretto collaboratore di Papa Giovanni Paolo II. Nuzzi rompe l’ evangelico riserbo e raccoglie circostanze, fatti, documenti in un libro dal titolo emblematico: Vaticano S.p.A.
Il fulcro delle vicende è lo I.O.R. , la banca vaticana affidata a personaggi discutibili che hanno badato più ad incrementare le entrate del Vaticano, che non a realizzare opere religiose per i fedeli. Operazioni finanziarie spericolate, acquisti di beni immobili e compartecipazioni in aziende gestite da gente poco raccomandabile sotto l’egida dei vari papati susseguitisi, spesso e volentieri del tutto ignari di ciò che accadeva.
Come nel caso del crack del Banco Ambrosiano gestito da Roberto Calvi. Le società compartecipate dal Vaticano finiscono in mano a Calvi affinchè le gestisca in modo utile a garantire alte rendite per lo I.O.R. , gestito a sua volta da monsignor Marcinkus. Il ponte tra il banchiere “civile” Calvi e il banchiere “evangelico” Marcinkus è Michele Sindona, siciliano a Milano che ha tra le sue attività una molto, ma molto vincolante: investire i soldi della Mafia al nord. Il trio Calvi-Sindona-Marcinkus gestisce gli investimenti del Vaticano senza alcuna remora, ma soprattutto ognuno slegato dall’altro e accomunati soltanto dalla spregiudicatezza del loro agire.
La situazione precipita, gli investimenti di Sindona per conto dello I.O.R. si rivelano sbagliati, espongono la banca vaticana a debiti insostenibili tanto da spingere Marcinkus all’allontanamento del siciliano. Il posto che era di Sindona viene occupato da Roberto Calvi che ha tra i referenti il neo-eletto Papa Luciani.
Il Papa ha intenzione di fare pulizia nello I.O.R. a cominciare da Marcinkus, ma non fa a tempo perché muore dopo 34 giorni di Pontificato, prima di poter metter mano dove forse non doveva.
Appena eletto, Giovanni Paolo II decide di lasciare tutti al loro posto.
Calvi che si trova a gestire le finanze comuni tra la banca della Chiesa e il Banco Ambrosiano viene arrestato poco dopo e facendo leva su questo, Marcinkus per conto della Chiesa fa assumere tutta la responsabilità dei debiti contratti dal Vaticano a Calvi. Il quale si impegna a risanare invano i conti di I.O.R. e Banco Ambrosiano; infatti la Banca d’Italia scopre il buco dell’Ambrosiano e Calvi viene ritrovato impiccato sotto un ponte della City, a Londra.
Tuttavia ora il contenzioso si sposta tra la Chiesa e lo Stato Italiano, liquidatore del Banco Ambrosiano, che quindi si trova ad aver a che fare con i debiti in comune (e da saldare principalmente all’estero) con lo I.O.R.
Naturalmente la Chiesa scarica tutte le colpe sul duo Calvi-Sindona, artefici del dissesto all’insaputa del Vaticano e di Marcinkus stesso.
Perciò alla richiesta di risarcimento dello Stato verso lo I.O.R., la Chiesa risponde picche.
La vicenda si conclude con un risarcimento del Vaticano verso il reparto estero dell’Ambrosiano, dietro una cifra irrisoria in confronto a quanto chiesto dallo Stato Italiano liquidatore del Banco.
Resta da chiedersi cosa c’entri tutto ciò con il messaggio evangelico, o con la figura di San Francesco d’Assisi. Forse la risposta la si può trovare nel motto fatto proprio dal sempiterno Marcinkus: ”La Chiesa deve scegliere tra San Francesco e il business”. Ora sappiamo cosa ha scelto.

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E’ la stampa, bellezza!

9 Giugno 2009, 19:16pm

Pubblicato da Nicola Di Turi



Quando vi dicono che il confitto d’interessi è un’ invenzione della stampa di sinistra.
Quando vi dicono che il conflitto d’interessi non interessa agli italiani.
Quando vi dicono che il digitale terrestre garantirà il pluralismo dell’informazione.
Quando vi dicono che Mr. B. è “ l’editore più libero del mondo” (se pensate di aver già sentito queste parole dal diretto interessato , bè di certo non vi sbagliate).
Quando vi dicono che Mediaset non è un comitato elettorale, ma è piena di professionisti della (dis)informazione.
Quando vi dicono che Freedom House, che classifica l’Italia come semi-libera nell’informazione non è un organismo indipendente, ma è strettamente collegata alla stampa di sinistra (ancora?!?).
Quando vi dicono che su tutte le tv e i giornali italiani il capo del governo è sbeffeggiato da mattino a sera.
Quando vi dicono che non è assolutamente vero che le nomine Rai sono state stabilite nella residenza personale del Premier, eppure i nomi che circolavano vanno puntualmente a sedersi sulle loro nuove poltrone.
Quando vi dicono che la “ stampa estera è insufflata (?!?!) dai giornali italiani".
Quando vi dicono che Murdoch ordisce un complotto internazionale contro il premier italiano servendosi di firme autorevoli dei suoi giornali appositamente pagate.
Quando un marito vi dice che la moglie con cui vive da 29 anni legge di quello che lui combina dai giornali, venendone " sobillata " al punto da optare per il divorzio inconsciamente, perchè confusa dai fogli sovversivi ed ufficialmente dichiarata priva di intendere e di volere a mezzo stampa.
Quando vi dicono che “ non bisogna parlare delle vicende private ” di un uomo che stampa un’agiografia sulla sua vita coniugale e la spedisce via posta ordinaria a 52 milioni di persone prima delle elezioni.
Quando vi dicono che “ il consenso del Premier si aggira attorno al 76 % degli italiani “, salvo poi dover sottrarre anche la percentuale dell’ ex-Alleanza Nazionale da un modesto 35 % per racimolare i millantati consensi in pompa magna, ante-elezioni.
Quando vi dicono che il PDL “ è vicino al 51 % dei consensi “ salvo poi ritrovarsi al 45 % con la Lega incorporata e in perdita di 2 punti rispetto a 1 anno fa.
Ecco, quando vi dicono tutte queste ******ate fategli vedere questo bel video.

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Sul mio paese

21 Maggio 2009, 13:46pm

Pubblicato da Nicola Di Turi

Alle prossime elezioni amministrative del 6/7 Giugno a Civita si presenterà una sola lista, formata dalla maggioranza uscente con alcune new entry.
Fino a poco tempo fa Peppino Marchese aveva avanzato la sua candidatura cercando di formare una lista da presentare alle elezioni. Non ci è riuscito, si è ritirato e questo è un demerito. Non del tutto suo, ma è un demerito. Al contrario, una medaglia al merito va ad alcuni, che contattati da Peppino per entrare in lista si negarono a causa di legittimi impegni lavorativi. Coerentemente con se stessi oggi si ritrovano candidati in lista, nell’unica lista presente.
Adesso le possibilità sono due: che si raggiunga il quorum dei votanti e venga eletta la lista in questione, oppure che non si raggiunga il quorum e Civita venga commissariata per un periodo utile a formare nuove liste elettorali, per tornare alle urne sperando in esiti diversi.

Personalmente non verrò a votare per impegni (studio) e lontananza. Se venissi a votare lo farei solo per le Europee, rifiutando la scheda delle amministrative e giustificando la scelta da mettere a verbale con un bel: ”..non mi sento rappresentato..”.
Tralascio anche i problemi di Democrazia relativi all’avere un’ unica possibilità di scelta(???) nel voto, e vorrei parlare dei tanto bistrattati giovani (di cui faccio parte) così disfattisti e disinteressati a tutto e tutti, si dice.
Direi anche che è abbastanza normale che sia così se si cresce nell’immobilismo generale che vige da noi. Si impara bene dal bravo professore, ma si impara più in fretta (importa poco che cosa) dai cattivi maestri.
Il paese in cui siamo nati non l’abbiamo mica creato noi che abbiamo vent’anni oggi.
Gli “adulti” non possono mica pensare di dare la colpa di questa deriva sempre a qualcun altro.
Non si diventa adulti prendendosi la responsabilità delle proprie scelte? Una su tutte: se si dice che l’attuale amministrazione ha lavorato così bene, come spiegate l’esodo di popolazione dal paese? Per la prima volta da decenni siamo scesi sotto i 1000 abitanti. Non che la politica abbia il compito di trovare un lavoro a ogni cittadino (anzi!!), ma deve almeno provvedere a far vivere bene i cittadini, a farli sentire a casa loro nel proprio paese. Se tutti se ne vanno evidentemente non stanno così bene. Quindi l’amministrazione non ha lavorato così bene come si dice.
O forse fanno solo finta di scaricarsi le responsabilità. Dietro c’è il mondo che ha fatto e fa comodo a loro. Non dico a tutti, perché quel mondo lì è per pochi. Quel mondo dove tutti attendono la “grazia” piovuta dal cielo, destinata forzatamente a pochi. Non sono mica infiniti i posti di lavoro, le concessioni, da conservare al tuo elettore di fiducia, quello capace di portarti qualche decina di preferenze a buon mercato. Specie in un comune pieno di debiti (come tanti altri) e privo di entrate derivanti dall’unico pertugio possibile: il turismo.
Peppino parlava di questo. Di strutture per il turismo, di internet veloce per tutti, di imprenditori di sua conoscenza pronti ad investire nel nostro territorio, di creare un gruppo di giovani che potessero governare il paese nel futuro.
Evidentemente questo non ci serve. Non ci serve internet veloce, non ci servono strutture per il turismo, non ci servono politiche sulle energie rinnovabili capaci di azzerarci la bolletta della luce, per esempio.
Non ci interessa sfruttare economicamente le Gole del Raganello e guadagnarci sotto più punti di vista (denaro, immagine, pubblicità).
Personalmente, grazie ai miei genitori, ho avuto la fortuna da piccolo di visitare ogni anno una piccola parte d’Italia.
Ebbene anche per affacciarti a vedere uno squarcio di un boschetto (chiamato Riserva Naturale), oppure un minuscolo fiumiciattolo che passava attraverso tre alberi pericolanti (chiamato Canyon), dovevi pagare 5/10 € di ingresso. C’era chi ti noleggiava gli anfibi per mezz’ora, un’ora, due ore (e pagavi al centesimo ogni singolo minuto in più di utilizzo). C’era la guida che ti portava su e giù ad “ammirare” le bellezze del posto, dietro lauto compenso. C’era chi ti vendeva bibite e panini a peso d’oro.
A noi non interessano queste cose. Ma ne siamo proprio sicuri?

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Sapere di non sapere

19 Maggio 2009, 17:58pm

Pubblicato da Nicola Di Turi



In uno di quei sondaggi pre-elettorali utilissimi ad aprire dibattiti e alimentare discussioni prima delle elezioni, ma rivelatisi di anno in anno meno affidabili nella veridicità delle previsioni ho notato un aspetto interessante. Il grafico di cui sopra mette in relazione le risposte degli intervistati sulle loro intenzioni di voto e il loro grado d’istruzione maturato al momento dell’indagine conoscitiva.
Non può che risaltare agli occhi il dato dei (presunti) votanti del PDL: le cifre dicono che più si abbassa il grado d’istruzione degli elettori, più si alza la percentuale di votanti per quel partito.
Non ci sarebbe nulla da sorprendersi se ci ricordassimo questa dichiarazione: “Il pubblico a cui devo rivolgermi sono delle persone che hanno al massimo la seconda media come titolo di studio e sedevano all’ultimo banco”.
Chi parla così non è un parvenu della politica (anche se così veniva definito qualche tempo fa), bensì l’attuale Presidente del Consiglio.
Lungi da me giudicare ignorante l’elettore del PDL solo perché non ha una laurea, o si è fermato alla quinta elementare magari perché la famiglia non era in grado di farlo studiare.
Anzi, il suddetto elettore probabilmente nella sua scelta risponde per istinto di conservazione alla necessità di tutelare i propri interessi. Quindi il commerciante, il piccolo imprenditore come il possidente votano PDL convinti di trovare dentro quel partito degni garanti dei propri interessi personali, mentre avrebbero difficoltà a definire tali i rappresentanti della sinistra.
Questo perché al solo sentire parlare di tassazione dei ricchi, redistribuzione sociale, giustizia uguale per tutti (con tempi e procedure uguali per ricchi e poveri) e diritti dei lavoratori, quella borghesia lì scappa a gambe levate.
Per inciso tutti cercano di coltivare il proprio piccolo orticello, di costruirsi il loro micro-mondo impermeabile e inattaccabile. Perché lo stato è carogna, ci vuole tutti uguali, cerca di rubarci anche quel poco di ricavi che abbiamo messo da parte. Troppe tasse, troppi oboli, troppa burocrazia.
Proprio per questa inclinazione al risparmio, l’italiano medio si è tenuto lontano da carte di debito all’americana ( a giusta ragione) e soffre la crisi meno che gli americani.
Per queste motivazioni e per altre (c’è per esempio la gara tra chi meglio rappresenti il partito-confessione della Chiesa con tanti saluti alla laicità dello Stato e a ciò che ne consegue, si veda il testamento biologico), c’è un elettorato che non sentendosi all’altezza di alte argomentazioni ( e c’è tutto l’interesse del politico nel farsi capire sempre meno), delega la tutela di se stesso e dei suoi interessi al partito.
Thomas Hobbes teorizzò tutto ciò già nel Seicento affermando la teoria del Leviatano al di sopra di tutto e tutti per grazia divina ricevuta ed eletto al suo posto per ricevere le libertà di ogni suo suddito disponendone illimitatamente ma, secondo la concezione dei suoi sottoposti, nel loro interesse.
Risulta evidente come più scenda il grado d’istruzione di un elettore e più aumenti il suo senso di inadeguatezza alle grandi decisioni politiche, ai dibattiti che lo toccano anche nel profondo, ma a cui lui si sente inadatto a parteciparvi e il politico di turno spinge più che può per accentuare tale inadeguatezza e ottenere il voto-delega. Non a caso “sapere uguale potere”.
Ma alla tendenza che riguarda il PDL non corrisponde un opposto schieramento di elettori “istruiti” verso le forze progressiste e di sinistra. Perché direte voi?
Cercando di darmi una risposta ho pensato forse che Berlusconi abbia saputo come nessun altro parlare alla gente comune, che la sinistra sia stata concepita spesso come elitaria e compiaciuta dell’esserlo, quasi disinteressata a governare il paese e inadatta allo stesso. Saccente ma anche litigiosa, bella tanto da specchiarsi continuamente e piacersi sempre di più. Perciò quale sarebbe la soluzione?
L’errore più grave che potrebbero fare tutte le forze progressiste (dal PD all’ IDV, da Sinistra e Libertà alla Lista Comunista) sarebbe sicuramente quello di inseguire Berlusconi sul suo terreno, fatto di facilonerie nell’affrontare problemi complessi (si veda l’immigrazione), semplificazioni degli stessi per produrre spot efficaci da vendere al popolo, nel solleticare facili paure della gente e cavalcarne l’onda.
Essere diversi è la soluzione.
Dare l’immagine ( qui bisogna fare enormi passi in avanti nella comunicazione e nel radicamento forte sul territorio) di uno schieramento compatto e diverso nelle proposte della destra.
Bisogna non sembrare la logica continuazione del Berlusconi-pensiero (inteso nella sua più personale inclinazione alla tutela dei propri interessi) con l’unica differenza nell’apparire una versione sbiadita e perdente dell’originale.
Cercando di non farsi la guerra in casa (si veda PD-IDV) e ricordandosi anche di quell’ala a sinistra (Sinistra e Libertà e la Lista Comunista) tanto vituperata negli ultimi tempi e incolpata della caduta del Governo Prodi quando i responsabili veri furono Dini e Mastella (entrambi passati coerentemente oggi nel PDL , col ceppalonico oggi ripagato del favore con una candidatura alle Europee) . Quella sinistra non solo fu incolpata ingiustamente, anzi fu costretta così tanto a snaturarsi votando anche provvedimenti invisi ai suoi più diretti elettori, tanto da restare fuori completamente dal Parlamento italiano.
L’unione, la diversità di proposte e la comunicazione efficace di ciò che si fa.
Perché fare è più importante che parlare. Ma farlo sapere è importante allo stesso modo.

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Chi controlla chi?

1 Maggio 2009, 15:12pm

Pubblicato da Nicola Di Turi

L’Italia non è un paese completamente libero dove poter esercitare il diritto di informare.
E’ questa la sintesi del rapporto annuale sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicato dall’associazione indipendente e senza scopi di lucro Freedom House. Se in passato l’Italia si posizionò al 156esimo posto di questa classifica, nel 2008 il nostro Paese è sceso di ulteriori posizioni, caso unico tra i paesi occidentali considerati unanimemente delle democrazie compiute.
La causa che l’associazione imputa al risultato dell’Italia è “ la situazione anomala a livello mondiale di un premier che controlla tutti i media, pubblici e privati ”. In sintesi il conflitto d’interessi.

Un paese dove la stampa e i media (per definizione strumenti di massa con il compito di formare l’opinione pubblica) non sono liberi di criticare l’operato di governi, istituzioni e apparati politici perché hanno sulla testa una spada di Damocle pendente con l’impugnatura nelle mani del potere, non si può definire una democrazia libera e compiuta. Se l’establishment non vuole essere attaccato pubblicamente e quindi tenta di tenere i media al guinzaglio ma soprattutto è in potere di farlo, ciò risponde alla univoca necessità di nascondere il suo operato.
Il nostro Paese ha già conosciuto casi di censura politica su scrittori e giornalisti degni dei maggiori regimi di questo mondo. Il caso di Indro Montanelli in ottimi rapporti con l’editore (Berlusconi) del Giornale da lui fondato e diretto, fino a quando l’attuale Premier non decise di candidarsi alla guida del Paese procurando un dissidio tra i due culminato con la cacciata del direttore, avrebbe dovuto fare scuola.
Invece un Paese senza memoria tollerò questo gesto allora, come tollerò il triplice editto bulgaro che spazzò via dalla televisione pubblica (quindi sulla carta, la metà del cielo non di proprietà di Berlusconi) Biagi, Santoro e Luttazzi.
Massimi esempi di incisività del potere sui media, colpevoli di rendere pubbliche nefandezze di cui (forse?) vergognarsi. Resta solo chi sa rendere gaudente il Re e al cortigiano più meritevole la promozione sarà assicurata. Il toto-nomine Rai è troppo fresco per non essere menzionato.
Qui da noi è normale che al cambio della maggioranza di Governo, cambino anche i vertici del servizio pubblico radiotelevisivo. E’ un obbligo assolto prontamente e a fasi alterne da centro-destra e centro-sinistra con una prontezza da far invidia; così già si parla dei nuovi direttori dei TG Rai.
Susanna Petruni, meglio nota come la giornalista capace di censurare la voce del Premier che diede del Kapò nazista al Cancelliere tedesco al Parlamento Europeo e distintasi parimenti nell’occultare la voce dello stesso che sguaiatamente richiamava l’attenzione del Presidente U.S.A. all’ultimo G20 (gridandogli:”… Mr. Obamaaaaaa…”), provocando le ire della padrona di casa Regina Elisabetta, è la candidata alla poltrona di direttore del TG2.
Roberto Napoletano, attuale direttore del Messaggero e distintosi durante le elezioni politiche del 2006 nel concordare al telefono dei bei titoloni a cinque colonne per compiacere il segretario dell’ UDC Casini, nonché genero dell’editore del suo giornale Caltagirone, è in corsa per la poltrona del TG1. Unico concorrente: Maurizio Belpietro, giornalista di famiglia Berlusconi già direttore del Giornale e di Panorama, perciò con tutte le credenziali del caso a suo favore.
Per inciso, se Emilio Fede rappresenta il guerriero con l'elmetto che combatte ad ogni TG della sera per difendere gli interessi di Famiglia, Belpietro è la faccia pulita del clan di Arcore, colui che si propone come garante del pensiero liberale italiano tanto da assecondare il padrone ad in ogni sua iniziativa. Più liberale di così...
Senza dimenticare che l’Italia è il paese in cui il principale quotidiano (per tiratura), cioè il Corriere della Sera, fu messo nelle mani della P2 dal benemerito editore Angelo Rizzoli, appena assolto per questa faccenda risalente agli anni ’70 solo perché il reato di cui era imputato (falso in bilancio) oggi è stato depenalizzato, non esiste più.
Inoltre, non esiste in Italia un grande editore puro, cioè libero da altri interessi economici se non quelli di aumentare le vendite dei suoi prodotti editoriali, che siano giornali o libri.
Dagli Agnelli che controllano La Stampa avendo noti interessi in F.I.A.T., a Berlusconi che controlla il Giornale (tramite il fratello Paolo) ed è al contempo Premier e tante altre cose , a De Benedetti che possiede Repubblica e L’Espresso ma ha interessi in ben altri settori.
Ciò impone ai suddetti organi di stampa di non potersi occupare con una certa libertà di faccende che toccano gli altri interessi dei propri editori, potendo causare effetti negativi per gli stessi sul mercato.
Voglio concludere però con una nota positiva: il 29 Aprile a Berlino, Marco Travaglio è stato premiato dall’associazione dei giornalisti tedeschi per il suo impegno nell’ambito della libertà di stampa in Italia.
Che un giornalista italiano riceva un premio per il suo lavoro da colleghi esteri è sicuramente un motivo di orgoglio, prima di tutto per l’interessato.
Che il premio venga conferito ad un solo rappresentante della categoria italiana soltanto perché viene attestato che svolge il suo lavoro compiutamente e con noncuranza di conseguenze politiche, inorgoglisce un po’ di meno.
C’è da chiedersi: se Marco Travaglio viene premiato esclusivamente perché fa il suo lavoro, i suoi colleghi di cosa si occupano negli intervalli dal tempo libero?

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